Una delle
prime installazioni sonore note.
9 piccole ruote di gomma, azionate da relativi motori DC ancorati alla
cassa del pianoforte mediante una struttura metallica, sfiorano alcune
corde in punti nodali determinati. La variabile pressione operata sulle
corde dalle ruote genera delle serie di armoniche proporzionali ad essa
e alla velocità di rotazione. Durante l’esecuzione i motori vengono silenziosamente
applicati a diversi punti nodali delle corde. Aggiustati i motori alle
rispettive corde, l’unico esecutore si sposta verso un’altra zona del
palcoscenico nella quale sono collocati due registratori magnetici connessi
in serie e collegati mediante un “anello” (feed-back). Essendo uno dei
registratori controllato in frequenza, il nastro viene trascinato con
velocità discrete, a seconda dei successivi diversi valori delle frequenze
imposte: di conseguenza il processo di accumulazione sonora risultante
produce un cluster microtonale variabile – una sorta di “respiro spettrale”
controllato dall’esecutore.
L’alternarsi
dell’azione tra la zona di produzione e quella di modificazione del suono
costituisce un processo la cui fine, idealmente, avviene quando tutte
le diverse posizioni dei motori sulle corde siano state raggiunte. Dopo
varie esecuzioni in Europa e in America, il lavoro, cioè il meccanismo
operativo di esso, sarà negli anni completamente distrutto; la ricostruzione
del 2013, commissionata dall’EMUfest, è dedicata a Maria Sofia
Braun von Stumm.
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